“Sogno di mezza estate”

Cresta dei Tausani di San Leo

MONTE GREGORIO

Sogno di mezza estate

SCHEDA TECNICA

Gruppo montuoso: Cresta dei Tausani di San Leo – RN
Cima: Monte Gregorio (m. 579)
Via di salita: Sogno di mezza estate
Grado di difficoltà : 5c con un breve tratto di 6a/A0. Variante 5c
Lunghezza della via: 75 metri
L1 = 30 metri – 5c
L2 = 30 metri – 5c, 6a/A0
L3 = 15 metri – 5c

95 metri
L1 = 30 metri – 5c
L2 = 30 metri – 5c, 6a/A0
L3 = 35 metri – 5c

Notizie: Interessante vietta di tre tiri in ambiente spettacolare e solitario a due passi da casa (per i riminesi!). Stiamo parlando della parte più sconosciuta e appartata della dorsale che parte da Ponte Santa Maria Maddalena (m. 188) prosegue per Montefotogno (m. 458) passa per il caratteristico Borgo di Tausano (m. 445) e raggiunge il Monte Gregorio (m. 579). Continua poi quasi in piano fino al Monte Penna del Gesso (m. 578) ed è tagliata in due dal Varco della Biforca (m. 509) deviazione per il Monastero di Sant’Igne). Da qui riprende a salire fino a raggiungere il suo culmine alla croce del Monte San Severino (m. 658) nei pressi di San Leo. Chiamata comunemente La Cresta dei Tausani è una meta nota per molti escursionisti. La zona è pure conosciuta per la frequentatissima Palestra di roccia di Pietramaura, sul versante sud del Monte Penna del Gesso dove negli ultimi anni sono stati tracciati diversi itinerari di scalata di più tiri, tutti ottimamente attrezzati (vedi servizio sul numero di Settembre-Dicembre 2008 de L’Altimetro). L’itinerario descritto invece, si svolge non lontano dal piccolo Borgo di Tausano, sulle pareti del versante est del Monte Gregorio. Una salita in ambiente selvaggio, dominato da pareti, ghiaioni e grandi blocchi di frana. Salita dal basso e attrezzata con fix inox M10 nei tiri e catene inox con anello di calata alle soste, la via ha uno sviluppo di circa ottanta metri. L’itinerario segue una logica linea obliqua, su placche di buona roccia in direzione di un’evidente placca/diedro che permette l’uscita in cresta. Offre per tutta la sua lunghezza un’arrampicata varia, molto tecnica e mai banale su difficoltà  molto omogenee e costanti (per relazione vedi foto). Per una ripetizione servono 14 rinvii e qualche moschettone per le necessarie manovre, oltre naturalmente alla corda e al casco. è anche possibile la discesa in doppia, laboriosa e sconsigliata; priverebbe della bellissima vista che si ha uscendo in cresta. è anche sconveniente perchè usciti dalla via con pochi minuti di cammino è possibile raggiungere il paese di Tausano.
Avvicinamento: In auto da Rimini, prendere la SS 258 Marecchiese, giunti a Ponte Santa Maria Maddalena, girare a sinistra poco prima del ponte; passare una strettoia e seguire le indicazioni per Monte Fotogno e Tausano. Dopo circa tre chilometri, parcheggiare in prossimità  del piccolo borgo di Tausano. Percorrere i pochi metri di strada asfaltata passando davanti alla Chiesa di Tausano (possibilità  di approvvigionamento acqua) e imboccare in discesa uno stradello acciottolato. Dopo una cinquantina di metri, in prossimità  di una stretta curva a sinistra, seguire sulla destra un’evidente traccia di sentiero che in leggera discesa s’inoltra in mezzo al bosco. Seguire la traccia che gradualmente sempre in mezzo al bosco porta sotto le pareti del versante est del Monte Gregorio. Sulla destra un ripido e stretto canale/camino di una decina di metri porta all’attacco della via, sotto la verticale di una caratteristica concrezione.
Relazione: Vedi foto. Nell’ultimo tiro si consiglia di stare in placca. Una catena agevola l’uscita.
Discesa: Usciti dalla via tagliare in traverso il ripido pendio erboso e raggiungere il filo di cresta. Seguirlo in discesa fino ad incontrare il sentiero di crinale che costeggiando il cimitero in breve porta a Tausano.
Variante: Nell’estate del 2010 è stata attrezzata dagli stessi apritori una variante di uscita che dalla sosta del secondo tiro obliqua a sinistra e con logica alpinistica traversa decisamente a sinistra evitando le fasce di rocce strapiombanti sovrastanti fino ad andare a prendere un camino che da sinistra verso destra permette di uscire nel punto più alto della parete su difficoltà  molto simili ai tiri precedenti. Un tiro di circa trentacinque metri di grande soddisfazione che offre una scalata molto varia e interessante per la presenza di passaggi molto tecnici e in massima esposizione. Tecnica di placca, Dulfer, strapiombo e camino si susseguono in maniera entusiasmante. Occorre avere molto occhio ad allungare nei punti giusti alcune delle quindici protezioni per evitare possibili attriti dovuti ad una linea di salita decisamente alpinistica. Una catena ancorata alla sosta aiuta l’uscita sul prato sommitale. Conviene per fermarsi alla sosta collegata da catena con anelli, per agevolare il recupero del compagno di cordata e avere un maggiore controllo durante la sua salita. Per via del traverso non è possibile calarsi in corda doppia e risulta problematico anche un eventuale ripiegamento. Per una ripetizione della variante servono quindici rinvii (meglio se lunghi) e qualche cordino e moschettoneà libero per allungare alcune protezioni.

Le informazioni riportate su questo sito sono da ritenersi indicative e soggette a possibili cambiamenti legati alla natura stessa della montagna.
La Sezione del CAI di Rimini declina ogni responsabilitè  nell’utilizzo delle informazioni contenute nel sito stesso e nell’ascensione degli itinerari proposti, in quanto l’attività  alpinistica è una scelta personale e responsabile. Spetta ad ogni arrampicatore verificare la solidità  degli appigli e delle protezioni presenti oltre alle proprie capacità  tecniche.

Sas Pordoi Via Maria

All’ ombra di un grande mito.

Sono tanti anni che salgo a Sas Pordoi in funivia sci in mano, obbiettivo la discesa ..

Ma, ogni volta mi ha sempre incuriosito quella parete che porta proprio sotto all’arrivo della funivia, alcune volte vi ho visto alcuni arrampicatori salire.

Ora è capitata l’occasione di provare a fare La Maria via del grande Tita Piaz

Serghej mi fa che via pensavi di fare? se ti va la Maria

Decisione presa, si parte il venerdì sera destinazione il parcheggio della funivia, notte in auto per essere pronti la mattina presto per partire.

Il giorno si preannuncia bello anche se subito fa un po freschino; freddo che passa subito appena inizia la salita alla forcella. Dopo un’ora di camminata siamo alla base della parete, ci sono già  due cordate, una sulla Gross  e l’altra sulla Maria.

Parto per il primo tiro, il secondo più impegnativo tocca a Serghej, un colatoio quindi un po liscio ma la roccia  solida, il secondo è un bel tiro e la roccia migliore. Tiro dopo tiro arriviamo all’uscita del pilastro dove godiamo di una magnifica vista sul Sassolungo.

Siamo al sesto tiro attenzione alla nicchia dobbiamo proseguire ancora aggirare un po lo spigolo e solo allora salire  la corda scorre male e alla nicchia Serghej è costretto a fare sosta, mi recupera e poi parto, 10 metri e sono in sosta. Settimo tiro avanzo un po titubante cercando di individuare la via giusta, poi vedo i cordini penzolare dal grande blocco, rassicurata sulla direzione salgo, tiro molto bello sosta comoda con vista  sul Pelmo, Civetta, Marmolada la giornata è tersa e il cielo pieno di parapendii, si vedono le tracce di salita su Punta Penia, ci sono pure tracce di discesa con gli sci da Punta Roca…poi anche Serghej arriva in sosta e dobbiamo ripartire verso la cima, infatti non è finita mancano ancora tre tiri.

Arrivati ai piantoni della funivia, possiamo dire ora è finita!!! andare al bar e goderci una meritata birra e la visione di un panorama stupendo Un po a malincuore scendiamo passando per la forcella, io già  la immagino piena di neve e spiego a Serghej i passaggi obbligati per poter scendere con gli sci, ma.questo è un’altro sport..

Ciao, Paola

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Paura di volare.

Il passaggio è delicato e il piede in aderenza che mi deve consentire di salire verso la prossima protezione fatica a spingere per paura che non tenga, con conseguente volo di pochi metri……….la paura del volo mi frena e a volte passaggi non troppo difficile vengono compromessi da questa fobia……….e pensare che di voli ne ho fatti e non solo in falesia…

Ho fatto per più di dieci anni Paracadutismo e mi sono catapultato giù da un aereo a velocità pazzesche da 4000mt  per più di 1500 volte, ma non avevo paura!! Accidenti sono proprio rincoglionito mi dico delle volte….come può un voletto di pochi metri senza conseguenze spaventarmi di più di un volo nel vuoto di diverse migliaia di metri???? il nostro subconsio è inprevedibile e questo mi dispiace , mi piacerebbe poter controllare tutte le mie emozioni ma così non è.

Sarà perchè il volo in arrampicata è la conseguenza di un errore mentre il volo di un lancio da un aereo è una scelta. Sarà solo per questo???’ Quante domande senza risposte e io sono sempre quì con quel piede che non vuole decidersi a salire e quella protezione troppo lontana (2mt!!!!!) che mi fà desistere e un “blocca” esce senza ritegno dalle mie labbra.

Chi volesse provare questa esperienza al giorno d’oggi è possibile con un lancio biposto attaccato ad un istruttore ad una velocità di circa 230 km/h per quasi 60 secondi di caduta libera e ne vale veramente la pena. Avremo tutte le senzazioni  scombussolate e l’adrenalina a mille.

Diedro Dall’Oglio

DIEDRO DALL’OGLIO
Agosto 2010, compatibilmente con gli impegni del lavoro ed i capricci di un meteo che fa sembrare la nuvola di Fantozzi
un nulla a confronto, finalmente si è aperto uno spiraglio, così la sera del 18 si parte alla volta della Capanna Alpina
obiettivo il Diedro Dall’Oglio alla Torre del Lago.
A mezzanotte, tra uno sbadiglio ed un tornante,
Siamo in cima al Passo Falzarego, piove, a tratti anche forte, le nuvole sono
a bordo strada a fare muro di nebbia, il morale vacilla (…quante volte a macinare chilometri per non fare poi nulla…), al
parcheggio della Capanna Alpina però le cose sono migliori, non piove più e si comincia ad intravedere qualche timida stellina.
Non ci pensiamo, per ora, e passati nel reparto notte dell’auto proviamo a dormire; nel cuore della notte, tra un cambio di
posizione e l’altro, una sbirciatina dai vetri lascia ben sperare, una stellata da rimanere senza fiato ed il vento soffia,
ci riaddormentiamo con il sorriso; alle 7 il maitre di sala ci sveglia e ci invita a passare nel reparto ristorante (sempre
la stessa auto) per degustare una tipica colazione ladina a base di caffè dal termos e biscotti colesterolo-free; dopo la
vestizione, il preparativo dei materiali e la deiezione dei materiali corporei superflui, si parte, non prima però di avere
devoluto l’obolo al parcheggiatore che solerte alle 7 inizia il suo lavoro (tutto il resto del mondo fino alle 8 non muove
una paglia, ma i parcheggiatori sono una razza a sè…evoluta).
Il rifugio Scotoni sfila veloce, così come il Lago Lagazuoi, una piccola perla verde che da sola vale il biglietto del
parcheggio (e pensare che la maggioranza della gente si ferma al rifugio sui prati senza degnare quattro passi ed uno
sguardo a tanta bellezza, ma questa è un’altra cosa), all’imbocco della Forcella del Lago, attraverso i ghiaioni, arriviamo
all’attacco, c’è una guida con una cliente che stanno attaccando la via e dopo poco ci raggiungono cinque che parlano tedesco,
saluti di rito, preparativi veloci e si attacca la via…
I primi tre/quattro tiri sono a sentimento, non esiste percorso obbligato, solo la scelta migliore della roccia per evitare da
sinistra le fascie strabiombanti dell’inizio del diedro, fino a raggiungere la grande cengia che permette di raggiungere
il diedro vero e proprio. Attrezziamo quasi tutte soste quando la corda finisce; al primo tiro, una ragazza dei tedescofoni
passa oltre alla sosta che ho appena attrezzato, dopo aver fatto incazzare non poco il mio socio perchè non solo non è stata
capace di aspettare il suo turno, ma ha anche incrociato le sue corde con le nostra con somma gioia di tutti, perchè,
frizionando, io faccio fatica a recuperare ed il mio socio sale con la corda lasca che tende a rimanere lasca; fa sosta un
pò più in alto, poi fa la cosa sbagliata al momento sbagliato, domanda “prego, scusi, sbloccare mia corda da fezzura, bitte”,
la prima risposta che ottiene è “NO” poi l’animo pietoso che aleggia dentro di noi ha il sopravvento e una mano allungata
sblocca la corda, anche perchè bloccava le nostre corde…tugnina fortunata! La nostra simpatica straniera ha avuto un
conciliabolo di diversi minuti con i suoi compari a terra, poi ha continuato a parlare da sola per altri cinque minuti, ha
attrezzato una doppia sul vecchio e logoro cordino in nylon da sei millimetri passato in una clessidrina ed è sparita alla
nostra vista, insieme ai suoi compari, forse pensava di trovare le soste già  pronte con tanto di cameriere a servire mohito
e patatine di aperitivo…bah…meglio così, cinque in meno da badare…si continua a salire…
Le relazioni che abbiamo indicano una facile traversata di oltre sessanta metri fino all’imbocco di un canale/camino con
due chiodi alla base; traversa traversa, di canali camino ce ne sono diversi, alcuni accoglienti altri marci, alla base di
uno c’è uno spit nuovo, in un altro ci troviamo un vecchio chiodo, oltre, un marciume di pietre e la cengia che svanisce,
cavolo avremo fatto non più di quaranta metri…mah…gira di qua, gira di là , il camino non si trova, ma è lì che ci guarda,
ne siamo sicuri, e sogghigna pure eh eh…
Abbiamo uno scambio di idee con una cordata svizzera, hanno una relazione diversa e fa riferimento allo spit, poco sotto ben
nascosto c’è anche un chiodo, cavoli ecco il nostro canale/camino…è passato un pò di tempo, ma si continua a salire…
Finalmente tocchiamo il diedro vero e proprio, la via prosegue logica, tecnica, la roccia è verticale e fantastica, anche se
di chiodi ce ne sono veramente pochi, si trova sempre qualcosa per piazzare un friend in fessura o un cordino in clessidra.
Cinque tiri filati incastrati nel diedro, passaggi in leggero strapiombo bene ammanigliati, mai banali ma neanche mai troppo
difficili, un vero piacere di arrampicata.
L’unica nota stonata la fanno le diverse cengie e cengiette che di tanto in tanto spezzano la verticalità  della roccia, cariche
di sassi, sassini e sassolini, che già  a guardarli cadono, figuriamoci con lo sfregamento delle corde, è quasi una pioggia
continua, fischi e sibili che ci hanno tenuto compagnia per tutta la salita.
Si fila verso l’alto, su per il diedro veloci, senza tante pause, fino alla crestina di uscita della via.
La discesa, anche grazie agli ometti di pietra, si trova molto bene, una breve doppia e le ghiaie della forcella superiore
sono presto raggiunte, il resto della discesa non ha storia se non che al rifugio Scotoni si fa pausa, ma non per la lunghezza
della discesa, si fa pausa per la birra accompagnata da un panino, perchè di sola acqua e barrette non si campa…
Un ultimo saluto al diedro dal sentiero di discesa per il parcheggio e via di nuovo verso la civiltà , anche se si stava
decisamente meglio in mezzo alle rocce.
Anche questa via entrerà  a far parte di quei ricordi da rivivere ogni volta che si parla di montagna, l’alpinismo per me è
il piacere di fare qualcosa di bello, in compagnia di un buon amico, in una bella giornata di sole, brindando alla fine di
tutto con un bel boccale di birra, non tanto alla via percorsa, ma alla giornata trascorsa, ovvio che se poi c’è stata
anche la vetta…prosit!
“…i ricordi sono gocce di resina che sgorgano dalle ferite della vita…” Mauro Corona
Ps.
Aggiornamento tecnico sulle relazioni che si trovano in giro.
Arrivati sulla cengia non si trovano più i 2 chiodi per la sosta a cui fanno riferimento alcune relazioni, ma bisogna arrangiarsi abbastanza difficilmente. poi i metri di cengia da percorrere sono circa una quarantina e anche in questo caso la relazione parla di 2 chiodi alla base di una nicchia. I 2 chiodi sono stati sostituiti da un Fix nuovo. Per la via originale bisogna salire sopra al Fix. Per il resto la via è abbastanza intuibile anche se l’arrampicata non è mai su diedro ma sulla parete sinistra di esso.

Castellani e Vampa 2010

L’estate tarda ad arrivare, le dolomiti sono ancora piuttosto fredde, allora la meta preferita
diventa l’appennino marchigiano, per la precisione la Balza della Penna; la via può essere considerata storica,
la Castellani/Vampa, via che garantisce difficoltà  omogenee su roccia tutto sommato buona e pure un tiro di A0/A1.
Un bel numero di rinvii ed il resto del materiale, fanno sembrare l’imbrago una gonna di paglia stile danzatrice hawaiana,
un pò più pesante e viene difficile sculettare in qua e in là ; al posto delle ghirlande di fiori, i cordini…
Siamo due cordate e all’attacco della via sappiamo di non essere soli, qualcuno è già  sopra di noi…
Partiamo tranquilli e progrediamo abbastanza spediti, scorgiamo i nostri predecessori, sono due, tre, no sono quattro,
abbiamo due cordate davanti…e li raggiungiamo alla partenza del tiro di artificiale.
La piazzola della sosta non è grande, ci sono già  loro quattro e tanto altro spazio non ce n’è, ci arrangiamo
quanto meglio si può…con quello che c’è…nello spazio che c’è, uno attaccato ad un alberello, due su uno spit
e l’ultimo su un altro spit di progressione del tiro precedente, il tutto collegato con una ragnatela di corde e cordini.
La cordata che sta lavorando sul tiro è alquanto pittoresca, i due alpinisti che la compongono hanno un continuo
scambio di parole, alcune seriamente alpinistiche, ma il resto estremamente goliardiche, condite da ampi, fantasiosi
ed estremamente chiari epiteti tra di loro…si vogliono un bene fraterno e si vede, pardon, si sente…
Quando si rendono conto della platea, che li sta osservando salire, la cosa assume caratteri che definire simpatici è
molto riduttivo, lo scambio di battute si allarga a tutti i presenti con gioia anche nostra che siamo appesi ovunque
come le palline di un albero di natale…
…ma quello in sosta lo conosciamo…ma sì è Paolo Castellani, cavoli l’apritore della via, e quello su chi è? ma certo
è Ennio Tenti…abbiamo davanti a noi un pezzo della storia alpinistica targata Romagna-Marche (come la coop)
L’area di sosta, perchè solo così può essere definita, diventa una piazza da mercato dove gli attori principali restano
sempre loro, ma attorno cresce il coro delle voci minori, che spettacolo, non si è mai sentito un casino così da
nessuna parte in montagna, e dire che siamo i primi a cercare il silenzio tra i vertiginosi appicchi dove solo il vento
ha diritto di parola…e tireremmo volentieri una scarica di sassi a qualunque casinista…ipocrisia di un concetto!
La battuta top in assoluto, quella che ottiene lo share maggiore da parte dei presenti, è quando Paolo si gira verso di noi
e, con fare ironico esclama “…ma vuoi mai che due della nostra età  debbano ancora fare della roba così?”
La loro età  si aggira sui 70 ma non li dimostrano affatto e noi, magari avercene così come loro, quando ci arriveremo…
Nei momenti clou del tiro, però, per qualche secondo le battutacce tra loro si fermano e lasciano spazio a brevi e
precisi comandi di corda, a lasciar intendere che comunque si ride e si scherza, ma la testa lavora insieme alle mani…
…sulla roccia
L’apoteosi viene raggiunta all’arrivo di Ennio in sosta,gli epiteti si ripetono fino a quando Paolo parte e allora
ricominciano i comandi di corda, brevi come sempre ma precisi, fino all’arrivo in sosta…a quel punto salutoni a
profusione, baci e abbracci e i due signori della roccia così come li abbiamo trovati se ne spariscono su per la via
veloci come il vento…e si lamentavano della loro “età ” sti due ragazzini…neanche la polvere delle loro tracce abbiamo
trovato quando siamo arrivati alla cengia.
Loro sono scesi per la via della cengia mentre noi siamo saliti alla cima proseguendo la via, ma questa è un’altra storia
“Salire con fluidità , tra terra e cielo, concatenando movimenti precisi ed efficaci, ci regala serenità  e pace interiore”
Gaston Rebuffat

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Balza della Penna “Il Tinaccio”

Un giro sul “Tinaccio”

Quando è un pò di tempo che non arrampichi, ti viene quel prurito alle dita, quella leggera sensazione di disagio, poi arriva quella vocina nel cervello che ti sussurra “ma perchè non stacchi i piedi qualche metro da terra?”
Fa caldo, per tanti motivi, il lavoro sempre e solo maledetto lavoro, il tempo disponibile è poco, più una fuga che altro, ma gli amici ci sono eccome, quelli ci sono sempre; per ricominciare a muoversi in verticale la scelta è presto fatta, non lontana da casa ma in un bel contesto paesaggistico, avvicinamento breve, non lunga, il “Tinaccio” sulla cresta sud del Montiego vicino alla Balza della Penna.
Sono in compagnia di Renato e Pippo, già  questo fa giornata, solite disquisizioni all’attacco, sul materiale, la via è ben chiodata ma all’imbrago carico un pò di materiale in più, pesa un pochino ma non si sa mai (bella la frase “non si sa mai”, giustifica tante cose).
Il primo tiro inizia bene anche se il caldo comincia subito a farsi sentire, al traverso mi ricordo subito di allungare i rinvii ma, mannaggia a me, non ho pensato che sarebbe stato meglio allungare anche l’ultimo chiodo prima di arrivare nel traverso, c’è una piccola rientranza e la corda inizia subito a frizionare sulla roccia con mio sommo gaudio; ogni movimento lo devo affrontare con una bracciata di corda lasca, recuperata a fatica e trattenuta con i denti, così se volo oltre alla figura da “patacca” ci lascio pure le gengive…la sosta però è vicina e continuando con la fatica del recupero completo l’espiazione del peccato di quel rinvio.
La partenza del secondo tiro la roccia non si concede facilmente, ma poi, proprio come fosse una bella donna, una volta vinta, si mostra a te in tutta la sua bellezza e la parte superiore, verticale e magnifica, vale ogni chilometro fatto, quando arrivo al chiodo con anello (quello citato nella relazione), cerco sopra la sosta, guardo quanti chiodi ancora per arrivarci e conto all’imbrago i rinvii, che non sono sufficienti ma il “non si sa mai” stavolta dà  i suoi frutti e con cordini, moschettoni liberi e fantasia, completo il tiro.
Il terzo ed il quarto tiro si lasciano domare piacevolmente a completamento di una via, di una bella mattinata, di un bel momento di amicizia che si salda ogni volta di più quando ci stringe la mano, quando ci si scambia un sorriso o una battuta, quando si commenta la giornata appena vissuta ad un tavolo con i piedi sotto e una birra sopra…
Io non cerco altro dalla montagna…buona montagna a tutti, Lorenz
(agosto 2009)

“Perchè vado in montagna? Perchè alpinismo vuol dire natura…e perchè in natura ritrovi l’autentico senso della vita,
il segreto di una gioia interiore che nessuna vicenda terrestre potrà  annientare” GUIDO ROSSA

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Codice Etico

E’ stato emanato dalla CISASATER  una carta dei valori e dei principi etici chiamato “Codice Etico”  questa carta ha pochi punti ma essenziali per lo svolgimento della nostra attività .

1. La responsabilità :

Gli istruttori sono responsabili delle proprie capacità  e competenze nei confronti di sè stessi, degli altri istruttori e degli allievi. Ogni istruttore si deve fare carico della propria responsabilità  senza scaricarla su altri.

2. La capacità  e la competenza:

L acapacità  e la competenza degli istruttori è determinante per il raggiungimento degli obiettivi della Scuola. Ogni istruttore opera costantemente per il mantenimento e l’aggiornamento delle proprie competenze.

3. L’affidabilità :

Ogni istruttore assicura il rispetto degli impegni presi e la qualità  didattica del proprio contributo.

4. La sicurezza:

Gli istruttori s’impegnano al rispetto dei livelli di sicurezza più elevati agendo con prudenza e perizia sia durante i corsi, sia nella periodica attività  d’aggiornamento. Gli istruttori si impegnano a diffondere la cultura della sicurezza tramite attività  teoriche e pratiche.

Anello Castellani e Canalino della Rombuscaia

Corno del Catria

(gennaio 2010)

L’idea era nell’aria già  da tempo, si decide e si parte, destinazione Corno del Catria con l’intenzione di salire tutta la cresta che corre a sud-est fino a congiungersi con l’anello Castellani alla Sella del Corno, salire il canalino della Rombuscaia, tornare alla sella e ridiscendere la cresta per tornare all’auto.

Sara, Serghei e Renato formano la compagnia, ranghi serrati e si sale, un bel sentiero nel bosco immerso nel suo letargo invernale, poi traccia per prati e rocce affioranti con qualche macchia di neve qua e là , e finalmente la cresta.

Il vento, da sud, impetuoso e freddo, ci stuzzica un pò, ci provoca, ma parte del tracciato corre al riparo, nascosto ad esso; la cresta, larga all’inizio, si restringe man mano che si sale fino a diventare lama in alcuni passaggi, l’esposizione in certi punti non manca proprio, di neve non se ne trova tanta, più che altro si trova galaverna ventata e ghiacciata, croccante.

Verso la fine attraversiamo, legati a corda, un tratto molto esposto e sottile, quasi lo si cavalca, poi la cresta si allarga di nuovo fino culminare in una insellatura con un salto roccioso che si separa dalla Sella del Corno, per raggiungerla scendiamo uno stretto canalino carico di neve per poi traversare sotto al salto roccioso e risalirne al di là , proprio alla Sella del Corno dalla quale scendiamo verso sud e traversando qualche centinaio di metri ci portiamo all’imbocco del canalino della Rombuscaia; un pò di materiale, la corda di nuovo in vita e su, il freddo si sente molto, invece le dita no, l’alberello in mezzo al diedro è come qualcuno che ti aspetta e ti tende la mano per aiutarti salire, si sale; una volta fuori dal canalino bisogna trovare la catena della prima doppia poco sotto la cima del Corno, che sarebbe anche molto ben visibile se non fosse completamente incrostata di galaverna,

ben mimetizzata con il resto del mantello ghiacciato che copre quella parte di roccia; si scendono le quattro doppie in un silenzio invernale, ovattato, le scarpe in mezzo a quel poco di neve che resiste nell’ombra non fanno alcun rumore, infine ci si ritrova sul sentiero per tornare alla Sella del Corno, a memoria rifacciamo il percorso a ritroso, il canalino innevato in salita e tutta la cresta, legandoci nello stesso punto,giù fino al sentiero che riconduce all’auto.

Come al solito tutto termina con i piedi sotto un tavolo e la birra sopra, una bevuta insieme continua a mantenere saldo il legame tra di noi anche dopo che abbiamo riposto le corde nel sacco, la cordata continua…

Come sempre buona montagna a tutti, Lorenz

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“Qualcosa è nascosto. Vai a cercarlo. Vai e guarda dietro i monti.

Qualcosa è perso dietro i monti. Vai! è perso e aspetta te.”

RUDYARD KIPLING

Sogno di mezza estate

Tausano di San Leo

MONTE GREGORIO


Ormai siamo abituati alle belle vie e linee che hanno saputo darci in questi anni l’accoppiata Loris Succi e Campidelli Mauro, dalle vie classiche sulle torri di San Marino alla Balza della penna, con la bella intuizione della “via del grande traverso” o “Il tinaccio”, ma anche questa volta hanno saputo stupirci con un itinerario breve ma intenso e su roccia assolutamente ottima per la zona dove si trova.

Vi riporto le indicazioni per arrivarci:

“In auto da Rimini, prendere la SS 258 Marecchiese, giunti a Ponte Santa Maria Maddalena, girare a sinistra poco prima del ponte; passare una strettoia e seguire le indicazioni per Monte Fotogno e Tausano. Dopo circa tre chilometri, parcheggiare in prossimità del piccolo borgo di Tausano. Percorrere i pochi metri di strada asfaltata passando davanti alla Chiesa di Tausano (possibilità di approvvigionamento acqua) e imboccare in discesa uno stradello acciottolato. Dopo una cinquantina di metri, in prossimità di una stretta curva a sinistra, seguire sulla destra un’evidente traccia di sentiero che in leggera discesa s’inoltra in mezzo al bosco. Seguire la traccia che gradualmente sempre in mezzo al bosco porta sotto le pareti del versante est de l Monte Gregorio. Sulla destra un ripido e stretto canale/camino di una decina di metri porta all’attacco della via,SDC12571 sotto la verticale di una caratteristica concrezi one. SDC12575

Oppure per chi conosce la falesia di pietramaura, invece di lasciare la strada bianca per girare a destra verso la falesia si prosegue oltre fino ad arrivare al paese di Tausano. parcheggiare sulla sinistra e incamminarsi sulla destra in mezzo alle case, poi seguire le indicazioni scritte sopra.”


La partenza non è banale, 5c, ma è da intuire la linea giusta, poi proseguiamo con difficoltà sempre omogenee fino alla prima sosta. Dopo poco alla sosta si incomincia un diagonale a sinistra su roccia leggermente appoggiata ma più povera di appigli SDC12583fino al netto traverso verso sinistra che forse è il pezzo più difficlile.SDC12586 la sosta è sotto al diedro che è anche l’ultimo tiro. Se la parete è completamente asciutta si può usare anche tutto il diedro, ma con roccia non buonissima, altrimenti la placca alla sinistra del diedro è molto meglio. Non andare verso la sosta che si vede sulla sinistra ma seguire la catena fissa e uscire nel sentiero soprastante e fare sosta su un fittone con anello.SDC12587 Da quì tagliare in traverso il ripido pendio erboso e dalla cresta ci ricongiungiamo al sottostante sentiero di crinale e in 5 minuti siamo alla macchina.

Volevo consigliare una variante:

Siccome la via è molto bella ma la maggiore soddisfazione si ha tirando ogni singolo tiro da primi, se siete in due potete fare la via a tiri alterni, e usando le mezze corde all’ultimo tiro usate la sosta di sinistra e vi calate in doppia. SDC12605Con un’unica doppia arrivate alla base della parete, fate qualche metro in discesa e arrivate all’attacco. pronti per i tiri invertiti e l’uscita questa volta in cresta.

La via è 80 mt circa  e servono 14 rinvii.

sognomezzaestate

Variante.

Sabato 18 settembre, meteo instabile l’unica soluzione è andare in un posto abbastanza vicino a fare qualche cosa di carino……”sogno di mezz’estate” a Tausano di San Leo, l’ho già fatta due volte ma non sono ancora riuscito a tirare il primo tiro che da secondo mi sembrava delicato.

Parcheggiamo e un’auto si ferma vicino a noi, che onore è proprio Succi, l’apritore della via che mi informa della nuova variante al 3° tiro e mi consiglia di provarla perchè a suo dire bella.

Naturalmente non mi faccio scappare questa occasione e faccio il primo tiro, da primo cambia tutto e non è così delicato come mi sembrava. Finalmente la variante…..la via và verso sinistra e si vede subito che la musica cambia, la chiodatura è più alpinistica ma sul  traverso che ci aspetta ci sono appigli e appoggi netti.

Poi il primo strapiombetto da superare sempre in traverso, delicato ma fattibile.

Bisogna stare molto attenti ad allungare bene i rinvii per evitare attriti, poi si arriva all’imbocco di un camino strapiombante con prese buonissime e dopo aver anche qui allungato moltissimo i due rinvii si sale con elegante e bellissima arrampicata fino a portarsi sulla sosta a destra dove possiamo vedere il nostro compagno di cordata salire.

Tiro veramente bello con arrampicata varia e mai banale.

Provate per credere.

Il grado anche se inizialmente sembra più difficile non supera il 5c.

Renato

Scheda tecnica

Altre Foto

Spigolo delle Bregostane.

Questa salita la voglio consigliare perchè relativamente “abbordabile” è abbastanza vicina al paese di Mazzin, la quota 2297 m. permette di farla anche in autunno o primavera quando a quote più alte l’innevamento rende ancora critico altre salite.

Questa salita aperta nel 1988 da Battisti e Ravaglia è ancora uno degli angoli nascosti delle Dolomiti e sia la salita, il panorama in cima e la discesa sono di un incontaminato splendore.

La prima volta che ci siamo andati grazie alla guida di Jacopelli non abbiamo trovato la Via.

Le spiegazioni sono molto vaghe e portano facilmente ad errori di percorso da far perdere mezza giornata.

La seconda volta cercate qualche indicazione e foto su internet siamo riusciti a trovare il giusto avvicinamento.

Facciamo 2 cordate preparativiIo e Sara e Serghey e Paola. Per Serghey è il primo approccio con le vie in montagna e dalla relazione mi sembrava una via abbastanza facile e protetta, (la via dovrebbe essere protetta a spit).

Lasciamo le macchine all’inizio del paese di Mazzin in Val di Fassa, poi si parte a piedi e passati di fianco alla fontana pubblica si prende la strada forestale per la Val d’Udai.

Si segue la strada e dopo circa una mezz’ora di cammino in costante salita sulla nostra destra si intravede la spaccatura sulla Palacia del Dociorìl che forma sulla sinistra il nostro bellissimo spigolo.si intravede lo spigolo

Si continua ancora fino ad arrivare in fondo alle cascate del Satcront (circa un’ora dalla partenza) si prosegue sulla destra (indicazioni rifugio Artemoia) e poco dopo quando il sentiero interseca un corso d’acqua si prende il sentiero di destra si segue per circa 25 minuti e poi quando diventa quasi pianeggiante si devia a sinistra per un canalino che porta piano piano verso il nostro spigolo, sempre ben visibile.

Il nostro spigolo è quello di Sinistra e dalla partenza all’attacco ci vogliono circa 1h e 45 minuti di salita continua.si inerpica sempre di più

La via è esposta sud-ovest ma il tempo nuvoloso rende abbastanza fresca la partenza.

Ci scaldiamo subito perchè la via non è mai banale e ogni tiro presenta passaggi di V. La roccia è ottima e bene appigliata ma quasi sempre verticale e la famosa spittatura è molto teorica in quanto hanno messo gli spit dove prima c’erano i chiodi e quindi a volte c’è un solo spit a 10 mt. dalla sosta. nelle soste c’è sempre uno spit.

servono i friend del 2 e 3 per integrare in una fessura di V in partenza di un tiro.

A metà via ci raggiunge una cordata che poi scopriamo che è Bernard un tipo  molto cortese (collaboratore di varie guide alpinistiche) che non ci sorpassa ma resta tranquillamente in coda a noi e ci dà ottimi consigli per la discesa.spigolobregostane Paola e Bernardpiano pianoarrivooooSi aggiunge Beernard con amicoultimo tiro e incomincia a piovere2009_0713spigolobregostane Paola 1

nell’ultimo tiro incomincia a spiovigginare e incrociando le dita che non aumenti arriviamo in cima.

Serghey e la Paola se la cavano alla grande.

I pratoni sommitali sono bellissimi e tutti pieni di fiori.

Seguiamo il consiglio di Bernard che invece della discesa sulla destra della cima, molto più ripida e non proprio su sentiero, ci propone di seguire il sentiero che porta sulla sinistra è molto più lungo ma bellissimo e selvaggio, incontriamo nella valle di sinistra gruppi di camosci e zone adibite a veri e propri condomini per marmotte.pratoni sommitalimarmottopolifauna

Arrivati al bivio per il rifugio Artemoia noi sendiamo a sinistra per Mazzin.incrocio

La valle è verde e ricca d’acqua e dopo a un lungo camminare arriviamo alle cascate che avevamo incontrato in salita. Scendiamo la strada forestale e dopo a circa 2h siamo alla macchina.

Bella salita…….

Per le foto complete guardare nella sezione foto.